Lavori Il Cairo
Proposta di intervento sulla grande Sfinge (Il Cairo)

Complesso dei Dervidci Melvi (Il Cairo)
Considerazioni generali sul complesso dei Dervisci Mevlevi
Il complesso architettonico dei dervisci Mevlevi, riferibile al sec. XIX, è il risultato di una serie di interventi costruttivi, integrativi e restaurativi compiuti dai Mevlevi sui più antichi edifici dell'area, ricevuta in donazione nel 1607 dal principe Sennan. Si tratta di un prestigioso patrimonio archeologico nazionale di cui fanno parte numerosi altri monumenti tra i quali la madrassa Sunquur Saadi, il mauesoleo di Hassan Sadaqa, e il vicino palazzo Yashbak risalente ai primi secoli del secondo millennio e nato in un clima di fusione ideale tra spirito artistico e religioso (Fig. 1). I Dervisci Mevlevi, chiamati “danzatori" dal loro caratteristico rito, sono originari dalla Turchia. Il loro fondatore, il grande mistico Baba ed-Din Walad morì nel 1273 ed è paqragonato per la sua sensibilità a San Francesco d'Assisi e per la sua cultura a Jacopone da Todi. Sua è la famanosa raccolta di poesie “Divan" ed il poema mistico “Masnavi".
Le attività di studio e restauro sul complesso architettonico dei Dervisci Mevlevi, iniziate su progetto del Prof. G. Fanfoni nel 1979 con un impegno di due mesi l'anno in base ad un accordo di cooperazione tra l'istituto italiano di Cultura, l'"Egyptian Antiquities Organization" e, per l'applicazione didattica, l'Università del Cairo, ebbero nel 1984, grazie all'intervento della “Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo" del Ministero Affari Esteri italiano e della scuola orientale dell'Università di Roma “La Sapienza", un inquadramento organico in un progrtamma quadriennale di formazione professionale che attraverso le attività pratiche del “Cantiere – Scuola" ha condotto al completo recuto del Samà Khana.

Il restauro del Samà Khana
Questo importante monumento, inserito nel vasto complesso architettonico dei Dervisci Mevlevi, è situato ai piedi della cittadella, luogo antico asse El-Azam (sec. XI) che collegava il Cairo al Fustat, e che oggi, attraversa l'originario insediamento del Cairo, giunge fino a Bab el Futuh. Il Samà (letteralmente “ascolto di suoni connessi alla danza") nacque nel secolo XVI come rito legato alla filosofia islamica. Esso si riferisce al cosmo e alla rotazione dei pianeti e delle sfere celesti. Ascoltando il suono cosmico i Dervisci in uno spazio che architettonicamente si definisce secondo uno schema simbolico geometrico matematico di cui il Samà Khana del Cairo rappresenta la massima espressione.
L'area del Samà è circolare. Il cerchio e il suo centro, infatti, simboleggiano l'univero esistente e l'Unità assoluta. Per avere tutto lo sviluppo dell'impianto del Samà Khana si traccia concentricamente un cerchio di diametro uguale al raggio dell'area del Samà visualizzando così una delle due orbite percorse dai Dervisci durante la danza. Mentre, già dal 1975, si cominciava a sollecitare il restauro del Samà Khana che giaceva in condizioni di degrado, chiuso al pubblico, si avviavano, nel contempo, alcune indagini archeologiche. Gli scavi interessavano le aree sottostanti il Samà Khana in cui si sviluppa l'antica madrasa di Sunqur Sa'di. Terminati gli scavi, furono prolungate le strutture portanti fino al nuovo livello di calpestio, corrispondente alla madrasa, ricavando un vano accessibile per il pubblico interessato alle visite archeologiche.
Il degrado
Tra i principali fenomeni di degrado del mausoleo, che emersero con gli scavi relativi alla mandrasa e alla zona del Samà Khana, vi era:
- Penetrazione di acque provenienti dalle condutture comunali che si snodavano lungo tutta l'intercapedine.
- Umidità ascendente nei muri del mausoleo fino alla quotadi 6 m.
- Conseguente degrado dei conci di arenaria esterni e degli stucchi interni con formazione superficiale di sali fino a 2 cm. di spessore.
- Penetrazione di acque in dispersione provenienti dall'area del giardino conventuale lungo tutta la parete esterna del Samà Khana, con conseguente spinta verso l'interno di tutto il settore di solaio interessato e messa in fuori piombo dai relativi pilastri.
- Marcimento del rivestimento ligneo nella parete est.
- Umidità ascendente nei muri del Samà Khana fino ad un metro oltre la quota del ballatoio per le pareti est, nord ed ovest.
- Conseguente formazione di sali, in particolare sulla parete est.
- Fuori piombo della quota del solaio di copertura, a seguito del marcimento del cordolo ligneo lungo l'asse di rotazione.

Questi danni, causati come risulta evidente, da una forte risalita capillare, avevano provocato ulteriori problemi di tipo strutturale quali:
- Lesioni verticali lungo tutta la parete sud.
- Distacchi angolari dei muri perimetrali e lesioni vertcali alla quota di copertura lungo tutte le pareti a causa del progressivo assestamento delle strutture dovuto alla disomogeneità statica dell'insieme.
- Fuori piombo dei pilastri nei settori est e sud divuto ai movimenti delle pareti relative.
- Torsione di pilastri d'angolo.
- Completo schiacciamento delle mensole si sostegno di alcune travi di bordo.
- Flessione prossima della rottura del ballatoio lungo il muro causata dal carico straordinario per il rifacimento del solaio di copertura nell'area d'angolo sud-est a seguito di un precedente crollo della trave d'angolo relativa.
- Deformazione elittica del tamburo della cupola e relative lesioni.
- Schiacciamento generale della cupola con lesioni passanti e crolli nel versante ovest per il cedimneto alle reni (Fig. 2).
Il restauro
Innanzitutto, si è assicurata una certa stabilizzazione della struttura di base, ottenuta rientegrando l'insieme con dei cordoli in cemento armato incorporati nello spessore dei muri posti nelle sedi lasciate vuote dai legni marciti. Su di esse si sono ricollegate le lesene che erano rimaste prive di fondìdazioni.
Contro l'unìmidità ascendente è stata realizzata una intercapedine al di sotto del livello di calpestio esterno lungo le pareti nord ed est, con un'apertura a nord e una rivolta a sud, tali da produrre una ventilazione continua dei muri con una consegtuente diminuzione dell'umidità di risalita capillare. Il trattamento è poi proseguito fino a soluzione con uno sfarramento effettuato immediatamente sotto al livello del solaio e reallizzato con iniezioni di particolari resine epossidiche in fori passanti tutto lo spessore della muratura. Si è proceduto, quindi all'eliminazione dei sali con sistema meccanico e con ripetute applicazioni di argilla sulle pareti. Per quanto rigurda i solai, completamente in legno, si è provveduto a trattare ogni elemento costituente con sostenze disinfettanti e preventive a base di pentaclorofenolo, per il definitivo fissaggio superficile, con Paraloid B72.

Risanamento del mausoleo in Hassan Sadaqa
Tra i principali fenomeni di degrado del mausoleo, che emersero con gli scavi relativi alla mandrasa e alla zona del Samà Khana, vi era:
Nel 1992 vengono intrapresi dall’equipe del Prof. Giuseppe Fanfoni i primi lavori di bonifica del mausoleo di Hassan Sadaqa. Tra i numerosi e urgenti problemi da affrontare per questa opera, il più importante è stato certamente quello dell’umidità ascendente dei muri provenienti da acque sotterranee. “Tutti i materiali utilizzati per la costruzione dei monumenti in Egitto, per la loro stessa natura geologica, contengono sali di varia natura (principalmente cloruro di sodio). L’umidità sale dalle fondazioni e in superficie vengono portati i sali che, per l’evaporazione dell’acqua alle alte temperature locali, cristallizzano disintegrando le decorazioni. (Fig. 4)”. I materiali litici e le stesse strutture monumentali, per la spinta delle formazioni saline, esplodono, provocando dissesti e crolli.

La Posa in Opera
Nel particolare caso di Hassan Sadaqa, che presentava una struttura muraria estremamente danneggiata ed incoerente, è stato necessario ricorrere ad una macchina costruita specificamebnte per fendere lo spessore del muro senza causare vibrazioni pericolose. La macchina “taglia-muro", ottenuta grazie alle sovvenzioni dell'Ansaldo è riuscita a compiere il proprio lavoro senza causare danni alle strutture già degradate. Si è trattato fortunatamente di un lavoro abbastanza facile, poichè ci si trovava di fronte a muri in peitra calcarea che non opponevano alla sega una seria resistenza.
Si è proceduto con piccoli tagli operati per una lunghezza di 20 cm. Le pietre che compongono le pareti interessate, infatti, non erano uniformi, ma spesso rilevavano all'interno una presenza di vecchie malte e argille, piccole particelle che tendevano a staccarsi durante l'operazione di taglio. Per poter facilmente inserire le bande impermeabili, si è preventivamente iniettata nella fessura tagliata nel muro una malta cementizia speciale addizionata con fluidificanti, collanti ed espansivi. Questo speciale strato di allettamento, solodificandosi, diviene particolarmente resistente. Per proseguire al restauro dele rifiniture esterne del mausoleo, si è dovuto attendere la completa asciugatura delle murature. Nel frattempo il Prof. Fanfoni si è dedicato a preparare i lavori del Convento dei Dervisci, per poi prosceguire al progetto del restauro del palazzo Yashbak.
Ha infatti più volte affermato il prof. Fanfoni che “lo stesso sistema, può essere applicato al recdupero di molti dei monumenti egiziani; basti per tutti la Sfinge, dove adirittura il problema si presenta più facile, visto che il monumento è costruito in blocchi distinti tra loro di pietra, diversamente dagli altri monumenti del Cairo che hanno all'inteno dei blocchi della loro struttura un misto di malte che esige un procediemto molto più delicato.
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